La storia sembra aver dimenticato Alessandro Cruto, l’imprenditore di Piossasco, titolare di un’invenzione, “la lampada di Cruto”.
Purtroppo, come accadde in passato anche per Antonio Meucci e il suo telefono, non avendo finanziatori, non riuscì a brevettare la sua invenzione.
Piossasco fu la prima città, nel maggio del 1883, ad avere una via illuminata da lampade Cruto messe in batteria.
Raggiunse l’obiettivo di produrre una lampadina funzionante il 4 marzo 1880, cinque mesi dopo Edison, cui è riconosciuta l’invenzione della lampada ad incandescenza, sebbene allo scienziato statunitense sarebbero occorsi poi altri otto anni per ottenere un prodotto commercialmente valido.
Tuttavia la svolta decisiva arriva soltanto con l’elettricità e con la lampadina, abitualmente da tutti collegata al nome dell’americano Thomas Alva Edison. Ma a contendergli l’invenzione c’è un italiano, appunto Alessandro Cruto, nato trentacinque giorni dopo Edison. Purtroppo non gli basterà tutta la vita per recuperare quel piccolo ritardo anagrafico.
Edison accende la sua lampadina il 21 ottobre 1879, Cruto cinque mesi dopo, il 4 marzo 1880.
La lampadina di Cruto però aveva un filamento migliore: faceva luce per 500 ore contro le 40 ore della lampadina di Edison. Eppure, nonostante la maggiore efficienza della sua lampadina, il merito di Cruto non venne riconosciuto. Nel 1903 il filamento di tungsteno, realizzato dall’americano William T. Coolidge, risolse definitivamente il problema della durata delle lampadine a incandescenza.
A Torino la prima strada ad essere illuminata fu via Garibaldi: le luci si accesero il 7 aprile 1887, lo stesso anno in cui entrò in funzione la prima centrale idroelettrica d’Italia, a Tivoli (RM).
Figlio di un capomastro, fin da ragazzo Cruto si appassionò alla fisica e alla chimica. Alessandro Cruto studia architettura, chimica e fisica da autodidatta. Nel 1872 aprì a Piossasco un laboratorio per la produzione di diamanti artificiali e filamenti di carbone. L’idea gli era venuta nel 1879 ascoltando una lezione di Galileo Ferraris nella quale l’illustre inventore del motore elettrico asincrono aveva sostenuto che gli studi sulle lampade a incandescenza erano destinati a un totale fallimento. “Tute bale”, avrebbe commentato Cruto. E infatti pochi anni dopo, nel 1884, lo stesso Galileo Ferraris illuminava i padiglioni dell’Esposizione Industriale di Torino con le lampadine di Cruto.
Cruto, che seguì queste conferenze, cominciò a ragionare e ad apportare modifiche ai suoi studi e, tornato a Piossasco, cominciò a pensare come far evolvere il filamento delle lampadine. Ben presto riuscì a realizzare una lampadina elettrica con filamento di carbonio, utilizzando fili di platino sottilissimi che curvati venivano introdotti in una ampolla di vetro piena di etilene. Facendo passare la corrente elettrica attraverso il filo di platino, si sviluppava del calore che provocava la decomposizione dell’etilene, con deposito di un velo sottile e duro di carbonio sul filo. Era il 5 maggio 1880 e Cruto, col suo filamento resistente, anticipava Edison. Curioso di tutto, quando può si intrufola a seguire qualche lezione di fisica e di chimica all’Università di Torino: è qui che apprende che diamante e carbone hanno la stessa origine chimica, informazione semplice quanto sconvolgente.
Ma il 27 gennaio 1880 Edison aveva già registrato negli Stati Uniti il suo brevetto per la lampada elettrica a incandescenza; questo non fa perdere d’animo Cruto, ma nel futuro si dimostra una svolta poco luminosa per la storia della lampadina made in Italy. Cruto perfeziona alcuni prototipi e alla fine del 1881 riesce a organizzare un confronto pubblico tra lampadina Cruto e lampadina Edison. La lampadina nata a Piossasco ha una luce bianca e pulita rispetto a quella giallastra e talvolta tremula ottenuta dall’americano; ed è meno complessa da produrre.
Nel 1882 partecipò all’Esposizione di Elettricità a Monaco di Baviera dove riscosse un enorme successo per la sua lampadina, il cui rendimento era maggiore rispetto a quella di Edison .
Nell’aprile 1885 parte della nascente borghesia industriale piemontese lo aiuta a fondare un vero e proprio stabilimento industriale ad Alpignano sulle rive della Dora che tutt’ora ospita la sede dell’Ecomuseo Sogno di luce. In pochissimi anni la fabbrica arriva a 26 dipendenti e producendo mille lampadine al giorno, esportate in tutto il mondo Stati Uniti compresi.
Per realizzare bulbi migliori Cruto reclutò i soffiatori di Burano e brevettò persino una lampadina dal filamento removibile, un esempio di industria attenta agli sprechi e lontanissima dell’imperante usa e getta di oggi.
Cruto dirige la sua fabbrica fino al 1889, ma la sua vita non è quella da direttore di azienda, bensì quella dell’inventore e sperimentatore.
Ritiratosi a vita privata, muore il 15 dicembre 1908 e da quel momento il suo nome e la sua impresa scivolano lentamente nell’oblio.
La fabbrica Cruto subisce alcuni passaggi di mano, fondendosi con la Edison Clerici di Milano, unendo le capacità tecniche e producendo diversi tipi di lampade. Questo è stato il periodo di maggior floridità dello stabilimento di Alpignano (TO), periodo che durò fino alla prima guerra mondiale. Viene infine ceduta alla Philips nel 1927, che qui mantiene una linea di produzione di lampadine a incandescenza “Arga” fino alla fine degli anni Sessanta.