Volta Alessandro

Alessandro Giuseppe Antonio Anastasio Volta figlio del patrizio comense Filippo e di donna Maddalena dei Conti Inzaghi nasce a Camnago, vicino Como il 18 febbraio del 1745. A 13 anni iniziò studi umanistici alla scuola dei gesuiti di Como e nel 1761, dopo essere entrato nel Regio Seminario Benzi di Como, fu invece incoraggiato a studiare soprattutto le materie scientifiche, assecondando i suoi interessi. Ad Alessandro Volta fu messo a disposizione il gabinetto di scienze naturali del Seminario, una specie di laboratorio , dove condusse numerosi esperimenti e abbandonò definitivamente il progetto che i suoi genitori avevano per lui: che diventasse sacerdote.

 

Primi esperimenti

Probabilmente con la cucina di casa cominciarono i primi  esperimenti di Volta: egli infatti, tra il ‘62 e il ‘65 compie i suoi primi studi sull’elettricità, esegue i più semplici esperimenti di elettrostatica, per i quali occorrono  alcuni oggetti di poco costo: fili, panni di seta o di lana, pezzi di resina, di zolfo, e si dedica anche a friggere  assicelle di legno nell’olio, con lo scopo di renderli isolanti. A partire dal 1765 e per molti anni, si serve del laboratorio che il Gattoni, suo amico d’infanzia, realizza presso la propria dimora e mette generosamente a sua disposizione. Cerca, ambiziosamente, il confronto con la cultura europea del tempo e con i maggiori esponenti che in campo scientifico la rappresentano, attraverso contatti diretti e scambi con altre scuole, e a soli 24 anni scrive la sua prima memoria “de VI Attractiva Ignis Electrici, AC Phaenomenis Inde Pendentibus” Sulle forze di attrazione del fuoco elettrico”.

Il 18 aprile 1769, fa ufficialmente il suo debutto scientifico con la dissertazione dedicata a Giovanni Battista Beccaria sotto forma di lettera , prendendo, a 24 anni, la sua distanza dal maggiore esperto italiano di elettricità e proponendo una teoria unitaria di tutti i fenomeni elettrici sulla base di un’interazione universale delle attrazioni. Qui, si allontana dal paradigma gravitazionale di Newton dei Principia e sottolinea,  le analogie con la pneumatica e il magnetismo.

Nel 1774, per interessamento del Conte Firmian, governatore di Lombardia, entra nell’insegnamento come sopraintendente (o reggente) delle pubbliche scuole di Como; è la prima carica pubblica, in verità abbastanza modesta se si considera che in quest’epoca ha già raggiunto una considerevole notorietà nel mondo scientifico. L’anno successivo viene nominato professore stabile di Fisica Sperimentale nel Ginnasio di Como.

Nel 1778 è chiamato all’Università di Pavia, dove la cattedra di fisica, già tenuta da padre Carlo Barletti, viene scissa in quella di fisica sperimentale, che è affidata a Volta, e in quella di fisica generale, che rimane al Barletti. Le lezioni di Volta sono talmente affollate che si renderà necessaria la costruzione di un nuovo e più ampio teatro di fisica. Il prestigio che ormai ha raggiunto lo colloca in quel gruppo di eminenti personalità di “chiara fama”, che il governo di Vienna ha voluto coinvolgere nell’ambito della riforma e del rilancio dell’Università.

Ricerca sui gas: la scoperta del metano

Durante le sue vacanze, il 3 novembre 1776, sul Lago Maggiore, la sua barca affiancò delle canne vicino ad Angera. Volta cominciò a colpire il fondo fangoso dell’acqua con un bastone e vide molte bolle gassose galleggianti fino a esplodere sulla superficie. Raccolse un po ‘di questo gas e  scopri’ che era infiammabile. Lo chiamò ” aria infiammabile dalle paludi”. Era quello che oggi chiamiamo metano. La possibilità di innescare un’esplosione con una miscela di gas, anche in un ambiente chiuso, ha portato Volta a costruire un interessante dispositivo più tardi chiamato Pistola di Volta, non molto utile come arma ma che alcuni hanno considerato come un precursore precoce di entrambi, motore a combustione e telegrafo. Il progetto di Volta consisteva infatti nel riempire con idrogeno un recipiente di vetro appositamente costruito sotto forma di una pistola sigillata con un rubinetto e provocare l’esplosione del gas con una scintilla (come accade con la miscelazione di aria e carburante nel motore cilindri delle nostre macchine).

Eudiometro e traspirabilità dell’aria

Volta osservò che la sua pistola poteva essere usata per misurare la forza dell’esplosione delle arie infiammabili. Usato così, la pistola divenne un eudiometro, uno strumento per misurare la quantità di ossigeno presente nell’aria e quindi la sua salubrità. Volta ha usato questo strumento per studiare la “respirabilità” dell’aria, in altre parole, la percentuale di  ossigeno nell’aria. Sperimentando ora con l’aria infiammabile dei metalli (idrogeno) anziché con il metano, individua la “traspirabilità” con buona precisione al 20%. Inoltre, Volta anticipa, in questo caso direttamente, la scoperta della composizione dell’acqua (idrogeno e ossigeno) fatta da Lavoisier nel 1783. Infatti, sia lo strumento (l’eudiometro) che il metodo sono suggeriti da Volta durante la sua visita a Parigi nel 1782. In effetti, fa notare a Lavoisier e Laplace che nell’eudiometro la combustione di idrogeno e ossigeno produce un vapore biancastro che, tuttavia, non è identificabile con il vapore acqueo. In effetti, Volta è in ritardo ad accettare la rivoluzione chimica proposta da Lavoisier. Nel 1790 migliora il suo eudiometro e le sue misure eudiometriche a tal punto che, anche nel 1805, von Humboldt e Gay-Lussac ritengono difficile perfezionarlo ulteriormente.

Il condensatore

Nella primavera del 1782, Volta produsse uno strumento in grado di rivelare quantità di elettricità molto più deboli di quelle che potevano essere gli elettroscopi disponibili. Lo chiamava quindi il microelettroscopio o il condensatore di elettricità. L’apparecchio consisteva fondamentalmente in due dischi conduttori separati da uno strato isolante sottile. Il conduttore caricato e la piastra superiore vengono messi a contatto mentre un dito tocca l’altro conduttore. Rompendo il contatto, la piastra superiore viene sollevata e la sua carica elettrica viene verificata con l’elettroscopio, anche se il conduttore da solo non può mostrare segni di elettricità.

 

L’elettrometro condensatore

Si tratta di un elettroscopio a pagliuzze reso più sensibile dall’aggiunta di due dischi condensatori.
L’asta di ottone che porta le pagliuzze sostiene un disco, pure di ottone, ricoperto sulla faccia superiore da uno strato di vernice isolante. Un secondo disco d’ottone, fornito di un manico di vetro, viene appoggiato sui primo, dal quale risulta isolato per mezzo della vernice.

 

L’elettroforo perpetuo

È costituito da un disco di resina posto su un supporto isolante e da un disco di ottone munito di un manico di vetro o di legno. Inizialmente i due dischi vengono riscaldati per eliminare ogni traccia di umidità; quindi si batte fortemente la resina con una pelle di gatto o con un panno. In questo modo la resina si elettrizza. Si pone allora il disco di ottone sul disco di resina: la carenza di fluido della resina (elettrizzazione negativa) determina una richiesta di fluido all’ottone, il quale sposta il fluido verso la resina e rimane carente dello stesso nella faccia opposta.

La bilancia elettrometrica

Questo strumento è costituito essenzialmente da una bilancia in cui uno dei piatti è sostituito da un piattello di ottone elettrizzato. Tale piattello è affacciato ad un secondo piattello non elettrizzato, fisso e isolato, o meglio ancora, a un piano conduttore collegato al suolo, detto da Volta “piano deferente”. Il piattello elettrizzato desta nel piano deferente elettrizzazione di tipo opposto; pertanto tra i due corpi si manifesta una forza di attrazione, che può venire accuratamente misurata ponendo sull’altro piatto della bilancia pesi in quantità sufficiente a ristabilire la condizione di equilibrio. In questo modo Volta trova la relazione che esiste tra la forza di attrazione, la quantità di elettricità presente sul piattello, il diametro del piattello stesso e la distanza fra piattello e piano deferente.

La pistola elettroflogopneumatica

Nel gennaio del 1777, essendo riuscito ad accendere l’aria infiammabile con la scintilla provocata da una pietra focaia, pensò di costruire una piccola bombarda od archibugio di nuova foggia, il quale caricato in luogo di polvere, di aria infiammabile mescolata in giusta dose colla deflogisticata [ossigeno] potrebbe cacciare una palla con impeto e rimbombo, e accendersi per mezzo d’un acciarino, proprio come un archibugio comune.

La lucerna ad aria infiammabile

L’ultima applicazione pratica riguarda la realizzazione di una lampada funzionante a gas infiammabile, e dotata di una accensione elettrica, mediante la scintilla prodotta da un piccolo elettroforo.

 

 

L’unità di tensione elettrica

Nel 1786, ormai 40enne, inizia a rivolgere la sua attenzione alla meteorologia elettrica e, in relazione a ciò, alla quantificazione e standardizzazione delle misure di tensione elettrica, un problema fondamentale all’epoca. I risultati, pubblicati tra il 1788 e il 1789 in una serie di sei dissertazioni epistolari dedicate al poeta e scienziato tedesco Lichtenberg, stabiliscono una solida programmazione elettrometrica basata su due basi: la definizione operativa di un’unità standard di tensione e la costruzione di elettrometri capaci di dare indicazioni comparabili e linearmente proporzionali alle tensioni applicate.

Dibattito Volta-Galvani per la produzione di corrente elettrica

Alessandro Volta contestò l’ipotesi di Galvani e intuì che la rana non potesse essere la causa diretta del passaggio di corrente. Ci arrivò notando come il movimento della rana fosse molto più accentuato quando per l’esperimento venivano usati metalli diversi tra loro. Questa intuizione fu fondamentale per lo sviluppo della pila.

La principale impresa della vita di Volta riguardava non l’elettricità statica, ma l’elettricità dinamica – la corrente elettrica. Dall’inizio degli anni Novanta, dopo la pubblicazione del saggio di Galvani “De viribus electricitatis in motu musculari Commentarius” (1791), Volta fu coinvolto nella polemica con Galvani. Dopo il suo entusiasmo iniziale, Volta diventa fortemente critico e, al contrario di Galvani, rileva nei metalli il “motore” dell’elettricità e nelle rane semplici ma sensibili rivelatori di elettricità. Questa interpretazione porta al suo conseguimento nel 1794 della medaglia Royal Society Copley, uno dei premi più ricercati, l’equivalente del premio Nobel oggi. Volta pubblica in “Annali di Chimica” – una rivista fondata e diretta dal chimico Luigi Brugnatelli, di Pavia – una dissertazione dal titolo “Nuova memoria sull’elettricita`”, indirizzata al fisico piemontese Vassalli. Tre anni dopo vengono pubblicati tre saggi epistolari, indirizzati al fisico tedesco Gren  “Sul Galvanismo”. In questi articoli ha formulato il suo nuovo approccio alla spiegazione del fenomeno dell’elettricità. L’idea di Volta non fu accettata da Galvani e dai sostenitori dell’elettricità animale. Galvani e i suoi seguaci hanno presentato altri esperimenti che sembrano invertire l’interpretazione. Questo ha diviso l’intero mondo scientifico europeo in Voltaisti e Galvanisti.

Alessandro Volta e la storia della pila

Tra il 1799 e il 1800 Alessandro Volta realizzò e perfezionò l’invenzione che lo avrebbe reso famoso in tutto il mondo: la pila. Non fu una trovata improvvisa ma derivò dagli anni di studi e osservazioni precedenti, soprattutto sull’elettricità animale e sulle relative teorie di un altro italiano, Luigi Galvani.

La pila di Alessandro Volta fu il primo sistema per generare elettricità con una corrente costante nel tempo. Il nome deriva dal fatto che i dischi metallici che la facevano funzionare erano impilati uno sull’altro. Nel sistema, ogni disco crea una differenza di potenziale tra il metallo e la soluzione, nel caso dello zinco e del rame è il primo ad assumere il potenziale più negativo. Questo squilibrio permette il passaggio di una corrente elettrica dal rame allo zinco quando i due elettrodi sono collegati da un filo conduttore.

Comunque tale fonte di energia aveva diversi difetti, tra cui il fatto che lo zinco si consumava per effetto dell’acido solforico anche quando la pila non era in uso; inoltre vi era il problema della “polarizzazione”: dopo un certo periodo di funzionamento, quantificabile in ore o minuti, la pila cessava di funzionare; ciò rendeva necessario mescolare l’elettrolita e ripulire accuratamente gli elettrodi.

Volta comunicò la sua invenzione alla Royal Society di Londra con una lettera datata 20 marzo 1800, che gli diede grande fama. Tra i tanti riconoscimenti che ricevette negli anni successivi alla sua invenzione ce ne furono anche di politici, come la nomina a senatore del Regno d’Italia da parte di Napoleone nel 1809.

Interessato dalle scoperte di Galvani, Alessandro Volta si dedicò a sua volta a ricerche in questo settore.

Volta propose due versioni di pila elettrica. Una era la cosiddetta “pila a colonna”,
costituita da coppie di dischi di zinco e argento separate da rondelle imbevute di acqua
salata.

L’altro modello proposto da Volta fu la cosiddetta “corona delle tazze”, che consisteva in vasetti contenenti acqua salata in cui erano immersi elettrodi di zinco e argento.

Gli ultimi anni


Dopo aver inventato la batteria, Volta praticamente abbandonò la ricerca e la maggior parte del suo insegnamento, in parte a causa del coinvolgimento politico e in parte a causa dell’attaccamento alla sua famiglia. Smise di insegnare del tutto nel 1813. Durante tutta la sua vita, tuttavia, Volta fu in grado di adattarsi alle mutevoli politiche del tempo e di rimanere in buona pace con qualunque governo fosse al potere. Dopo la caduta di Napoleone e l’Austria tornò a dominare in Italia, Volta continuò a eccellere ea ricevere incarichi di grande onore. Il governo di Vienna lo chiama a Pavia come direttore della filosofia presso l’Università di Pavia per assicurarsi che l’Università di Pavia non abbia perso i servizi del grande fisico.Tra i tanti riconoscimenti che ricevette negli anni successivi alla sua invenzione ce ne furono anche di politici, come la nomina a senatore del Regno d’Italia da parte di Napoleone nel 1809. Tornato a Como per vivere gli ultimi anni in compagnia della famiglia, Alessandro Volta morì a Camnago il 5 marzo 1827 a 82 anni, dopo essere stato uno dei più importanti protagonisti della ricerca sull’elettricità.

Con le sue invenzioni, Alessandro Volta dette un forte impulso alle ricerche nel campo dell’elettricità. Circa un secolo dopo, queste scoperte portarono la luce elettrica, il telefono, la radio in milioni di case. Oggi, possiamo constatare l’importanza dell’energia elettrica in ogni momento della nostra vita.